INTRODUZIONE
Per
assimilare il concetto di reattanza induttiva, occorre riprendere, sia
pure parzialmente, l'argomento dell'elettromagnetismo, con un
particolare riferimento agli effetti che le correnti variabili
producono sui conduttori elettrici. Tuttavia, prima di entrare nel vivo
di questa tutorial teorico-pratico di elettronica, dobbiamo aprire uno
spazio per introdurre una grandezza fisica caratteristica delle bobine:
l'induttanza. Perché soltanto attraverso la conoscenza di
questa, si può pervenire alla definizione esatta della reattanza
induttiva.
Come avviene per il condensatore, che rimane caratterizzato da un certo
valore capacitivo, così accade per la bobina e, più in generale, per
tutti gli avvolgimenti elettrici, che vantano una propria induttanza. E
questa è tanto più grande quanto maggiore è il numero di spire che
compongono la bobina. Inoltre essa aumenta con l'aumentare del diametro
dell'avvolgimento, col diminuire della sezione del filo e con
l'aumentare della permeabilità del nucleo, se questo esiste. Ma dipende
pure dal rapporto tra diametro e lunghezza dell'avvolgimento, dal tipo
di avvolgimento, da quello del conduttore, che può essere monofilare o
multifilare e dalla spaziatura tra spira e spira.
Anche l'induttanza, come ogni altra grandezza elettrica, è definita
tramite un'unità di misura, Henry (abbrev. H) e i sottomultipli
di questo.
H = henry
mH = millihenry (millesimo di H) = 1e-3H
uH = microhenry (milionesimo di H) = 1e-6H
nH = nanohenry ( miliardesimo di H) = 1e-9 H
L'induttanza
ha per simbolo la lettera L, come si può osservare in figura 1,
nella quale, in alto, è riprodotto il segno grafico di una bobina
munita di nucleo, in basso quello di una bobina avvolta in aria.
Fig.
1 - Simboli e sigle normalmente impiegati per segnalare le induttanze.
Quella riportata più in alto si riferisce ad una bobina munita di
nucleo ferromagnetico, quella disegnata in basso indica una bobina
avvolta in aria.
Negli
apparecchi radio si possono trovare bobine, avvolte su nuclei di
ferrite. con valore di induttanza elevato, per esempio di 10H; ma se ne
trovano altre, più piccole, montate nei circuiti di alta frequenza, il
cui valore oscilla fra il centinaio di microhenry (uH), quando si
tratta di bobine per onde medie, e di uno o due microhenrv ( uH),
quando le bobine sono adibite alla ricezione delle onde corte: mentre
quelle per le onde cortissime presentano un'induttanza molto bassa, di
un decimo di microhenry (uH) circa.
Quando una corrente elettrica variabile, per esempio quella alternata,
attraversa il filo conduttore che compone una qualsiasi bobina, questa
si avvolge spontaneamente di un campo elettromagnetico variabile,
ovvero di una serie di linee di forza magnetiche, concatenate con la
bobina stessa, le quali autoinducono una forza elettromotrice che va
sotto il nome di "tensione autoindotta". E questa tensione
assume un verso contrario a quello della tensione che la ha generata,
rivelandosi come una forza di inerzia o, meglio, di particolare
resistenza al passaggio della corrente elettrica variabile. Tale
resistenza. che nulla ha a che vedere con quella ohmmica, assume il
nome di "reattanza induttiva" indicata con XL e
si esprime, analiticamente, tramite la seguente formula:
XL
= 2 x π x f x L
nella quale "f"
misura la frequenza della corrente variabile che attraversa
l'avvolgimento, mentre "L" ne misura l'induttanza.
Se la frequenza "f" viene espressa in hertz (Hz) e l'induttanza in
henry (H), la reattanza induttiva è misurata in ohm, come
avviene nelle resistenze elettriche, anche se con queste, lo ripetiamo,
la reattanza induttiva non ha nulla a che fare.
Analizzando la formula già citata della reattanza induttiva, si può
affermare che questa aumenta quando aumentano la frequenza della
corrente che percorre I'avvolgimento e l'induttanza di esso.
È ovvio che, rappresentando la reattanza induttiva un ostacolo al
passaggio della corrente, questa provochi, alla stessa stregua dei
condensatori, una certa caduta di tensione nei circuiti in cui sono
presenti bobine o, comunque, avvolgimenti. Ma una tale caduta di
tensione avviene, almeno teoricamente, senza dissipare potenza
elettrica. Perché la bobina immagazzina energia elettromagnetica,
quando la corrente aumenta di intensità, e la restituisce quando la
corrente diminuisce o cessa di scorrere.
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