RESISTORI VARIABILI - 5




FOTORESISTORI O FOTORESISTENZE 

I fotoresistori, noti pure con il nome di fotoresistenze, sono componenti elettronici di fondamentale importanza, che meritano una certa attenzione, sia per l'impiego da parte dei dilettanti, sia per il costo generalmente basso che ne favorisce l'acquisto.  
Il fotoresistore è un elemento sensibile alla luce, che permette di realizzare tutta una serie di apparati di controllo, il cui funzionamento si basa sulle variazioni di luce naturale o artificiale.  

In pratica, il fotoresistore deve considerarsi come una resistenza il cui valore ohmico varia in rapporto alla luce incidente.  

 

Fig. 10 - Sulla sinistra è riportato il simbolo elettrico del fotoresistore, noto pure con il nome di fotoresistenza. Sulla destra sono raffigurati tre modelli di impiego comune.

Esso viene simboleggiato nel modo indicato a sinistra di figura 10; le piccole frecce stanno ad indicare i raggi di luce che colpiscono il componente.  
Come accade per molti componenti elettronici, anche i fotoresistori possono presentarsi sotto un
aspetto costruttivo diverso e in figura 10 sono riportati tre esempi molto comuni.  
L'involucro esterno, nel quale è inserito il componente, deve essere ovviamente di materiale trasparente, in modo da permettere ai raggi luminosi di colpire il dispositivo interno.  
Nei modelli più recenti si ricorre all'incapsulamento in plastica che, agli evidenti vantaggi di robustezza, unisce una notevole dose di economia. costruttiva, se paragonati ai modelli contenuti in bulbo di vetro sotto vuoto spinto.  
Le dimensioni e le forme dei fotoresistori sono tra le più disparate, ma sempre in funzione dell'utilizzazione del componente. Le dimensioni, ad esempio, rimangono legate al valore massimo della potenza dissipabile dal fotoresistore e ciò significa che, prima di acquistare un modello di fotoresistore, occorre avere idee chiare sulla potenza che esso deve dissipare. Per esempio, se il fotoresistore è chiamato a pilotare direttamente un relé, è necessario servirsi di un modello di potenza. Nei circuiti di polarizzazione di base dei transistor, alimentati a bassa tensione, può andar bene invece un modello a bassissima dissipazione.
 

 

 Fig. 11  Struttura interna di un fotoresistore. Sul supporto isolante è depositato un sottile strato di solfuro di cadmio, che rappresenta l'elemento sensibile alla luce. Sopra di questo viene poi applicato, a forma di doppio pettine, uno strato di materiale altamente conduttivo (argento e oro).  

 In figura 11 è interpretata la struttura fisica interna di un fotoresistore. Su un supporto isolante, che può essere di ceramica, mica o altro materiale, viene inizialmente depositato un sottile strato di solfuro di cadmio, che rappresenta l'elemento sensibile alla luce. Questo, anziché liberare elettroni esternamente al materiale stesso, come accadeva un tempo nelle fotocellule, li libera internamente, favorendo la conduzione elettrica, cioè variando la propria resistenza.  
Sopra lo strato di solfuro di cadmio viene ulteriormente depositato, di solito a forma di doppio pettine, come visibile nei modelli riportati in figura 10, uno strato di materiale altamente conduttore, di argento e talvolta anche di oro per le sue proprietà di inerzia chimica. Si genera così fra le due bande conduttrici, che rappresentano gli elettrodi del fotoresistore, una serpentina di materiale fotosensibile. In tal modo, in un piccolo spazio, interposto fra i due elettrodi, è presente una relativamente lunga striscia di materiale fotoelettrico, che consente di raggiungere una grande sensibilità del dispositivo, anche se le dimensioni di questo sono alquanto ridotte.  
Il fotoresistore non è un componente polarizzato e ciò significa che, quando si monta il fotoresistore in un qualsiasi circuito, non occorre tenere in alcuna considerazione la posizione dei terminali, così come si fa con le resistenze e con i condensatori non polarizzati. Ma ciò è facilmente intuibile se si pensa alla perfetta simmetria di costruzione del componente.Al buio, il fotoresistore si comporta come un isolante o quasi, assumendo valori resistivi che superano spesso il milione di ohm e raggiungono anche i dieci megaohm. Mano a mano che la luce incidente aumenta, il fotoresistore diviene sempre più conduttore, sino a raggiungere, sotto una luce intensa, valori di poche centinaia di ohm o, addirittura, di qualche decina di ohm.

Concludiamo dicendo che il campo di variazione della resistenza è veramente notevole e ciò fa del fotoresistore un componente ricco di grandi possibilità di impiego pratico.

 

 Fig. 12  Circuito sperimentale di prova delle caratteristiche elettriche di un fotoresistore. Il tester è commutato nella funzione di ohmmetro, mentre sulla superficie attiva del componente si provvede a convogliare, in misura sempre più crescente, un fascio di raggi luminosi, servendosi di un cilindretto in veste di schermo.

 Ma una tale caratteristica può essere facilmente constatata realizzando l'esperimento illustrato in figura 12, nel quale il tester è commutato nella funzione ohmmetrica e nella scala di misura ohm x 100, mentre sopra il fotoresistore FR è applicato uno schermo a forma di piccolo cilindro, con superficie interna annerita, sopra il quale si fa variare la quantità di luce incidente, passando dal buio alla massima intensità luminosa.